Chiesa di San Giorgio
La Chiesa di San Giorgio: la sua storia, i suoi valori artistici
La chiesa di San Giorgio rappresenta una delle
più importanti pagine della storia di Saltrio, purtroppo
poco conosciuta per la mancanza di documenti e per la scarsa
conoscenza del periodo in cui fu eretta; altrettanto ignote sono le
motivazioni per le quali è stata dedicata a San Giorgio.
L'esistenza della chiesa si rileva dal documento conservato presso
l'archivio parrocchiale, che fa riferimento alla richiesta del
"Console e degli uomini di Saltrio di elevare a Parrocchia",
richiesta concessa nel 1517:
1) "[...] Nel nome del Signore nostro Gesù Cristo, della
gloriosissima Vergine Madre Maria, dei Santi Gervaso e Protaso e
San Giorgio, sotto i cui nomi sono state costruite le chiese di
Saltrio e nel nome di tutta la Curia Celeste[?] separiamo,
esimiamo, smembriamo, ora e per sempre, dalla Chiesa Plebana
Matrice di San Vitale, le chiese dei Santi Gervaso e Protaso e San
Giorgio esistenti nel Comune di Saltrio con gli abitanti presenti e
futuri per quello che riguarda la cura delle anime." [1]
2) "Erigiamo, creiamo, eleviamo, le stesse in chiese parrocchiali e
curate con i Fonti battesimali, il cimitero, e le altre insegne
parrocchiali."
3) Istituiamo il beneficio Parrocchiale in modo che le stesse siano
chiese ne costituiscano uno solo ed abbiano e siano rette e
governate da un solo rettore [...]
4) "Sottomettiamo inoltre gli abitanti di detto Comune alle
medesime chiese erette in parrocchiale ed al Presbitero che
sarà designato."
Consta che le due chiese erano sottoposte alla guida di un solo
parroco, e la chiesa primaria o parrocchiale era quella di San
Giorgio.
Ciò è confermato dal primo registro, istituito nel
1565 secondo le direttive del Consilio di Trento relative ai
matrimoni, sul cui frontale si fa riferimento "alla chiesa
parrocchiale di San Giorgio".
Il giorno 1° maggio 1589 il parroco Gio. Batta Ferraglio
(Ferrario) celebra il matrimonio di Pietro Marchesi di Gabriello
Marchesi con Margherita.
Sul registro annota:
"Nella chiesa di San Gervaso e Protaso" .
Ciò sta ad indicare che da quell'anno la chiesa diventa
parrocchiale.
Conseguentemente, la chiesa di San Giorgio è destinata ad
essere "Oratorio" e vi verranno celebrate tutte le funzioni
religiose ad essa attinenti, o quelle richieste dai fedeli.
Essendo costruita in una zona collinare e panoramica, sul colle
omonimo, la sua ubicazione rimaneva alquanto distante dal centro
del paese; si poteva, quindi, avere l'impressione che fosse
destinata all'abbandono.
Non fu così.
L'attaccamento dei saltriesi verso la chiesa aveva motivazioni
secolari e profonde; una testimonianza di rilievo è che sul
lato sinistro vi è la cappella denominata "Della Madonna di
Loreto", sul cui frontale da tempo immemorabile si trovano dipinte
la Madonna di Loreto con la Santa Casa.
I saltriesi, in gran parte scalpellini dediti al lavoro nelle cave,
data la loro forte devozione, nel giorno dedicato alla Madonna di
Loreto, (il 10 dicembre di ogni anno), manifestavano sentimenti di
fervida fede, affinché essa li proteggesse dal duro e
pericoloso lavoro estrattivo che svolgevano nelle profonde
cavità.
I parroci che nel corso dei secoli furono alla guida della
parrocchia non la trascurarono, assecondando tutte le iniziative
per la conservazione e l'abbellimento della chiesa.
Il periodo più significativo in tal senso fu il XVIII
secolo: le due chiese erano sprovviste di altari e balaustre, e
così essi vennero collocati contemporaneamente in
entrambe.
Sono il ricordo dei nostri magistri.
Tra il 1825 e il 1830 Pompeo Marchesi, fece dono del mezzo rilievo
della "Deposizione del Salvatore o della Pietà", collocato
nella Cappella posta sul lato destro; contemporaneamente venne
eseguito l'altare.
Nel 1846 un violentissimo temporale con lampi e tuoni si
abbattè sul lato di levante della chiesa, distruggendo il
campanile e parte della cappella della Madonna di Loreto, con la
conseguenza di gravi lesioni al dipinto.
I notevoli danni subiti e le costose spese per riportare la chiesa
alle sue antiche origini suscitarono tra la popolazione non poco
sconforto e preoccupazione, tanto da ventilarne un possibile
abbandono.
Ma infine i saltriesi, sostenuti dal parroco Don Pietro Scolaro,
con estrema decisione e forza di volontà pervennero alla
determinazione di dare l'avvio ai lavori.
Una documentazione indirizzata alle Autorità Imperiali di
Como fece rilevare il valore storico-artistico e religioso della
chiesa, i notevoli danni subiti e il desiderio di provvedere alla
ricostruzione delle parti distrutte, presentando unitamente una
richiesta di contributo.
Le motivazioni furono ritenute giustificate ed accettate, i lavori
avviati. Il Vescovo di Como, Mons. Carlo Romanò, concesse la
possibilità di lavorare pure nei giorni festivi.
Il campanile fu restaurato nel 1848, i restanti lavori vennero
ultimati nel 1851.
Il 7 settembre il Vescovo Mons. Carlo Romanò la
consacrò.
Sulla facciata principale venne posta una lapide che reca la
scritta:
"Il religioso popolo di Saltrio, con generose offerte e con assiduo
lavoro, in questa chiesa nuova, sulla vecchia eretta il Vescovo di
Como consacrava, il 7 settembre 1851".
Verso la metà del XIX secolo (1855 - 1860), la fabbriceria
venne nella determinazione di creare un portichetto sul lato nord.
Il progetto venne contestato da parte delle autorità
preposte alla tutela del patrimonio artistico, adducendo che veniva
modificata la sua antica formazione architettonica; esso venne in
seguito approvato solo con delle modifiche. I motivi erano
più che giustificati.
Il 1917 vede l'Italia in guerra contro l'Impero Austro-ungarico: si
teme che essa venga aggredita alle spalle, con l'invasione della
Svizzera neutrale da parte delle truppe austriache.
L'Alto Comando Militare ordinò la costruzione di
fortificazioni, definite poi la "Linea Cadorna", lungo tutto il
confine italo-svizzero per un tratto di circa 200 chilometri.
Saltrio è un paese di confine: si tenne ovviamente conto
della sua posizione collinare, e venne, quindi, soggetto alle
previste fortificazioni.
Punto di riferimento strategico fu il Monte Orsa, ove vennero
costruite postazioni, camminamenti, gallerie che si affacciano sul
lato nord e che permettevano di avere sotto controllo la zona del
lago Ceresio.
Sul Monte Croce si fecero camminamenti, postazioni e piazzole;
anche il colle San Giorgio e la chiesa non rimasero immuni. Lungo
tutto il perimetro del colle vennero tracciati camminamenti e
postazioni, mentre sotto la chiesa si crearono quattro gallerie
convergenti al centro.
Nella zona la chiesa di San Giorgio è stata l'unica ad
essere stata sottoposta ad opere di fortificazioni.
Nel 1923 il parroco Don Luigi Vittani notò che la chiesa era
priva della statua di San Giorgio, al quale la chiesa era stata
dedicata; la commissionò ad un artista della Val Gardena e
il 16 dicembre essa venne solennemente collocata sull'altare
maggiore.
Nel 1997 il parroco Don Giorgio Ponti effettuò alcune opere
conservative e migliorative: l'installazione della luce elettrica,
l'imbiancatura, la pulitura degli affreschi, la lucidatura del
pavimento.
La chiesa, ad inizio del secondo millennio, con i suoi cinquecento
anni di vetustà, si trova in uno stato ottimale di
conservazione, continua ad essere un punto di riferimento
storico-religioso, conserva opere di un certo valore artistico.
Doverosamente si esprime gratitudine ai parroci che furono nei
secoli preposti alla guida della parrocchia: essi non mancarono di
prestare attenzione ad una chiesa tanto amata dai saltriesi, i
quali con notevoli sacrifici contribuirono ad abbellirla e si
adoperarono per la sua conservazione.
L'Altare Maggiore o di San Giorgio
Tutto il contesto dell'altare è stato
realizzato in due periodi: l'altare risale al 1735, l'Ancona nel
1923, allorquando venne collocata la statua lignea di San
Giorgio.
Vediamo schematicamente la sua composizione:
L'Altare
- Scalini: rosso d'Arzo
- Pallio: bardiglio
- mansa: grigio di Saltrio
- Gradone: rosso d'Arzo
- Base: rosso d'Arzo
- Cimasa: nero di Saltrio
- Intarsi: nero di Saltrio
- Intarsi: rosso d'Arzo
- Fascia frontale: nero di Saltrio
- Intarsi: rosso di Francia - Giallo di Siena - Bardiglio -
Maiolica di Saltrio.
Nel pallio ai quattro angoli sono inseriti quattro angeli in
maiolica di Saltrio, al centro una croce pregevolmente elaborata
detta "Croce di San Andrea".
L'Ancona
- Colonne ed arco: Nero di Saltrio o corso dei
bagni con intarsi rettangolari in rosso d'Arzo a distanze ben
proporzionate.
- Serraglia: cenerino di Saltrio.
Vi sono state incise le iniziali S.G. (San Giorgio); ai lati
compaiono angioletti in maiolica di Saltrio e sopra la serraglia un
lavoro scultoreo con al centro un tondo ornamentale in maiolica di
Saltrio. Risulta che è stata eseguita dal marmorino Luigi
Emerici.
Balaustre, base, cimasa, piastroni: maiolica di Saltrio.
Piastrini: rosso d'Arzo.
La Statua di San Giorgio
E' un'opera lignea dell'artista gardeanese Giuseppe Scalz di San Ulrico di Val Gardena. Presenta il Santo a cavallo, vestito da soldato romano, con il manto rosso svolazzante; mostra un bel volto giovanile, è rappresentato nell'atto di trafiggere con la spada il drago. La statua è di ottima esecuzione artistica: vi si notano le capacità di un personaggio che si dedica all'arte lignea.
La cappella della Madonna di Loreto - l'altare
La cappella trae le origini in
un periodo imprecisato, certamente remoto, in cui i saltriesi
decisero di far affrescare la parete centrale con un dipinto
raffigurante la Madonna di Loreto e la Santa Casa.
L'altare, invece, risale al 1748; è in stile barocco ma
subì una modificazione a causa di un fulmine che si
abbattè nel 1846 ai lati della cappella.
La sua composizione:
- Base: macchia vecchia d'Arzo - rosso d'Arzo
- Zoccolo: pallio rosso d'Arzo - nero di Varenna
- Intarsi e fregi: nero di Varenna
- Croce: pietra di Saltrio
- Basette per mensa: giallo di siena
- Base: nero di Varenna
- Tabernacolo: nero del Belgio
- Intarsi: rosso d'Arzo - maiolica di Saltrio
- Porta reliquario: nero di Varenna
- intarsi: giallo di Siena
- Gradone: nero di Varenna
- Fascia di congiunzione a sostegno dell'Ancona: trattasi di finto
marmo lucidato che imitano il nero di Varenna ed il verde delle
Alpi.
L'Ancona:
- prima base: nero di Varenna
- Intarsi: bardiglio - giallo di Siena
- Seconda base: rosso d'Arzo
- Terza base: rosso d'Arzo
- Quarta base: rosso d'Arzo - nero di Varenna - rosso di
Francia
- Intarsi: rosso di Francia - giallo di Siena - verde delle
alpi.
Cornici di contorno dell'affresco: verde delle alpi - rosso d'Arzo.
Le balaustre:
- Base, cimasa, piastroni: maiolica di
Saltrio
- piastrini: rosso d'Arzo.
Le opere
Il dipinto della Madonna di Loreto
Trattasi indubbiamente di un dipinto antico, di
ignoto autore; è segnalata la sua esistenza per la prima
volta nel 1702. [2]
Nel 1846, a causa di un violento temporale abbattutosi sulla
Cappella della Madonna di Loreto, fu gravemente lesionato, per cui
si rese necessario ridimensionarlo.
L'affresco mostra la casa, sulla quale è dipinta la Madonna:
ha un volto ben tratteggiato, il manto scende dal capo e copre
interamente il corpo. Sul braccio sinistro posa Gesù
Bambino, sorridente con in mano lo scettro.
Le opere scultoree - gli angeli
Le ricerche effettuate hanno accertato che essi sono il prototipo di quelli che si trovano presso la chiesa parrocchiale di Affori (Milano); sono in stile neoclassico, risalenti al 1862 ad opera di Luigi Marchesi.
L'Angelo a destra dell'altare
Tiene le mani incrociate al centro del corpo, ha il volto abbassato, dal capo scendono i capelli ben regolati, attorcigliati e cadenti sulle spalle. Il manto, che partendo dalle spalle copre interamente il corpo fino alla sommità dei piedi, ha notevoli pieghettature molto ricche che dal fianco sinistro vanno verso quello destro.
L'Angelo a sinistra dell'altare
Ha una formazione pressoché identica;
tiene il bel volto abbassato, le mani al centro in atteggiamento di
preghiera, i capelli sono pure ben regolati e coprono le
spalle.
Il manto, che parte dalla spalla destra, lascia intravedere il
braccio sinistro nudo ma copre interamente il resto del corpo fino
alla sommità dei piedi. In centro ha notevoli pieghettature,
in particolare la parte che poggia sul braccio sinistro.
Le ali dei due angeli sono ben proporzionate ed hanno le medesime
particolarità ornamentali.
Cappella della Deposizione di Gesù dalla croce o della Pietà
La Cappella prende il nome di
"Deposizione di Gesù dalla croce o della Pietà",
poiché conserva il mezzo rilievo di Pompeo Marchesi
risalente al 1830 circa.
Essa era completamente spoglia, in quell'epoca, ed i saltriesi
decisero di erigervi un altare.
La sua composizione:
E' una composizione neo-classica ed è così
formata:
- Base, Pallio, Mensa: cenerino di Saltrio o corso dei bagni; al
centro del pallio si trova una croce in maiolica di Saltrio.
- Tabernacolo: pietra di Saltrio.
- Basette: giallo Mori
Mesole laterali:
-
gradoni: bardiglio.
Il riquadro che racchiude è a forma rettangolare priva di ornamento, salvo nella parte superiore priva di serraglia; per gran parte della lunghezza sono collocati i tipici lavori ornamentali neoclassici usati da Pompeo Marchesi.
Le balaustre:
- base,
cimasa, piastroni: maiolica di Saltrio
- Pilastrini: rosso d'Arzo.
Ignoti sono gli scalpellini che li eseguirono.
Le opere scultoree
Il mezzo rilievo della Deposizione dalla Croce di Gesù o della Pietà
Pompeo Marchesi nel 1826 realizzò la
colossale statua della Deposizione di Gesù dalla croce o
della Pietà per il Santuario di Saronno, ottenendo unanimi
consensi e plauso. Forte del lusinghiero successo, pensò di
realizzarne alcune in varie forme, tra le quali il mezzo rilievo
conservato a Saltrio.
Esso presenta le medesime caratteristiche della Pietà di
Saronno: mostra Giovanni che sostiene Gesù con le mani sotto
il braccio destro, mentre tiene la testa ed il volto poggiato sul
capo della Madonna. A tergo le due donne piangenti. In basso la
scritta: "Dono dello scultore cav. Pompeo Marchesi alla sua cara
Patria".
Lo studioso Andrea Spiriti, nell'esprimere un giudizio critico
sulle opere eseguite, afferma che il tutto rappresenta lo stile
severo della statutaria greca e può essere accostato alle
opere michelangiolesche.
I due angioletti collocati ai lati dell'altare
Sono in stile neoclassico ed in marmo di
Saltrio; ambedue tengono le mani incrociate, hanno un bel volto, la
capigliatura ritorta e ben ordinata. I vestiti coprono la
metà del corpo, lasciando intravedere il nudo alle
estremità dei piedi.
Le ali sono alquanto elaborate.
Possono essere attribuite a Luigi Marchesi, in quanto è
possibile fare un confronto con quelli collocati ai lati
dell'altare della Madonna di Loreto, in cui si intravedono le
medesime caratteristiche.
Altre opere di rilievo
Sotto la volta centrale - La simbologia cristiana - L'uomo - L'aquila - Il bue - Il leone
Sotto la volta centrale, in un ampio cerchio,
è affrescata la simbologia cristiana rappresentata da:
l'uomo, l'aquila, il bue, il leone. Incomprensibile la mancanza
dell'agnello, cosicchè la parte centrale è affrescata
da un ornato a forma esagonale finemente elaborato verso cui
convergono quattro filari di fiori che via via vanno
assottigliandosi.
Le estremità del cerchio sono contrapposte da affrescature
ornamentali a due a due identiche.
Non si hanno notizie del pittore, rimasto ignoto, ma si concorda
che abbia dimostrato una ottima genialità e buona
capacità artistica.
La pavimentazione centrale
E' una pavimentazione a forma circolare, in
marmo cenerino di nero di Saltrio, a quadretti rettangolari che via
via vanno restringendosi verso il piccolo tondo centrale. L'opera
risale al finire dell'800 ed è eseguita dal Marmista
Sartorelli.
Del tutto originale la sua lucidatura, che ha messo in risalto
l'efficace contrasto dei colori dei marmi.
Note
[1] Sac. Mario Salvadè - Saltrio - Cronache 1517/1953 - Grafiche Salin - 1988 pag. 48.
[2] Ibidem, pag. 89 San Giorgio: "Nella Cappella al lato dellEpistola dellaltar maggiore è dipinta sulla parete limmagine della Beata Vergine, protetta da una vetrata, che è tenuta in grandissima venerazione dagli abitanti di questo luogo".
Immagini:
(note a cura di Amerigo SASSI)